A cura di Marc Lueck, CISO, EMEA, Zscaler

Internet come lo conosciamo e utilizziamo oggi è stato creato negli anni ’60 come sistema di comunicazione in grado di sopravvivere a una guerra nucleare. Tuttavia, è stato realizzato anche immaginando che l’informazione dovesse essere libera e che una rete potesse e dovesse essere affidabile.

Quaranta anni dopo, Internet è diventato un prodotto popolare indispensabile che le persone possono utilizzare per informarsi e intrattenersi. Ma con questa evoluzione è arrivato anche il pericolo che le persone sfruttino in modo improprio questa tecnologia, e così anche la sicurezza informatica ha iniziato un percorso di evoluzione. Data la disponibilità limitata di strumenti e capacità, ha iniziato a diffondersi la credenza secondo cui le persone e le aziende possano fidarsi delle proprie reti, ma non dovrebbero fidarsi di altre al di fuori di quelle della propria azienda o di casa. I sistemi di sicurezza si basavano sull’idea che una rete potesse essere protetta, ma in realtà questo non è mai stato vero. L’unico modo per rendere sicura una rete è non utilizzarla mai.

Il modello tradizionale “tappabuchi”

Prima di discutere la potenziale soluzione a questa lacuna, è opportuno capire come funzioni il modello tradizionale e come possa essere sfruttato dai criminali informatici. Tradizionalmente, il firewall e le sue evoluzioni erano il controllo di base di cui disponevano i consumatori e i team IT per la sicurezza della rete. Il compito principale del firewall era quello di bloccare tutto il traffico predefinito dall’ingresso in rete e autorizzare solo il traffico con gli indirizzi IP e i numeri di porta corretti. In alcuni casi questa modalità potrebbe essere considerata un controllo molto efficace, in particolare se si dispone di due dispositivi di proprietà che possono essere collegati e si desidera che siano in grado di parlare tra loro. Tuttavia, non appena si permette al firewall di autorizzare l’accesso alle porte Internet, si mette a rischio il sistema.

Oltre ai firewall, il compito dei team di sicurezza è quello di analizzare i flussi di traffico all’interno delle reti e cercare di bloccarli, oltre a identificare i dati e le applicazioni sensibili di una rete e proteggerli. Questo processo è rischioso, perché per quanti controlli e blocchi siano stati posti su una rete, i team di sicurezza non saranno mai in grado di fidarsi completamente di essa e saranno sempre alla ricerca di potenziali punti deboli nella rete che potrebbero aprire le porte attraverso le quali i criminali informatici possono attaccare il firewall.

Eliminare la rete dal modello di sicurezza

Cambiando l’architettura e non utilizzando più la rete come parte del modello di sicurezza, i team IT hanno iniziato ad abbandonare la vecchia mentalità legata alla fiducia implicita ed a iniziare a utilizzare un approccio Zero Trust per la cybersecurity. Il modello Zero Trust fornisce una connettività inside-out, ovvero incanala tutto il traffico verso una rete attraverso un broker di fiducia verificato, in grado di prevedere il rischio potenziale di ogni singolo flusso di traffico e di applicare una policy comune basata sul rischio prima di autorizzare qualsiasi connessione alla rete.

Rimuovendo quell’assunzione di privilegio per coloro che sono già sulla rete, i team IT possono stare un passo avanti rispetto ai criminali informatici e smettere di fare il loro gioco. Possono applicare i controlli in modo centralizzato e automatico, senza dover esaminare manualmente ogni singolo flusso di traffico che ha già violato il firewall. I controlli in sé non rappresentano una grande differenza rispetto al passato e non si tratta di rivoluzionare i controlli, ma di cambiare il modo in cui vengono applicati. Invece di dover individuare dove si trovano tutti i dati e le applicazioni sensibili sulla rete e applicare delle verifiche su queste aree specifiche, il modello Zero Trust capovolge la situazione permettendo ai team di sicurezza di smettere di inseguire i dipendenti, che aggiungono continuamente nuovi dati sensibili alla rete che poi devono essere protetti, e i criminali informatici che cercano continuamente punti deboli da sfruttare.

Naturalmente, il modello Zero Trust non è infallibile.  I criminali informatici impareranno modi nuovi e innovativi per cercare di sfruttare la sicurezza. Tuttavia, questo modello consente ai team di sicurezza di essere in prima linea e iniziare a delineare le difese in modo molto più intelligente, dal momento che la rete non è più parte del loro modello di sicurezza.

Conclusione

Accettando il fatto che la rete non possa mai essere veramente sicura e rimuovendo l’idea di fiducia implicita nei confronti di chi si trova all’interno del firewall, i team IT possono implementare un modello molto più efficace per proteggere le risorse e i dati aziendali. Il modello Zero Trust ripensa le modalità di gestione del traffico centralizzando i controlli attraverso un trust broker, consentendo ai team di sicurezza di creare un piano per contrastare i potenziali attacchi.

L’articolo La principale vulnerabilità della sicurezza risiede nella rete proviene da Data Manager Online.